di Milena Paternuosto
Il piccolo borgo di
Pratella è solitamente associato all’epiteto di “città dell’acqua”. Nulla di
più appropriato se si pensa alle ingenti risorse idriche che alimentano il
territorio. Può apparire banale e di certo poco interessante far parte di un
comune la cui peculiarità è la presenza d’acqua, invece proprio quest’ultima
rende unico il luogo e ha caratterizzato la storia e le abitudini dei suoi
abitanti nel corso del tempo.
Al fiume Lete, che
scorre indisturbato sotto gli occhi dei pratellesi con le sue acque chiare, si affianca
la sorgente dello Jelo, volgarmente noto come “Vieno”. Essa deve il nome alle
fredde temperature delle sue acque ed è situata su Colle Pezzuto: l’altura che
delimita il confine tra i comuni di Pratella ed Ailano. Sebbene non goda della
stessa fama del Lete, lo Jelo ha contribuito nel tempo ad arricchire e
migliorare la vita delle persone del luogo, infatti, nell’800 le risorse
idriche di Pratella iniziarono ad essere viste come possibile fonte di crescita
e di sviluppo.
Il primo impiego
noto delle acque dello Jelo in favore dei pratellesi risale al 1873, quando
Pratella era ancora parte del comune di Ciorlano. In quell’anno venne infatti
edificato un acquedotto alimentato dalle acque della sorgente con lo scopo di
fornire a tutti i cittadini acqua
potabile, assieme alla costruzione di un mulino e di lavatoi pubblici, questi ultimi tutt’ora esistenti e affettuosamente noti come “Fontana
Vecchia”. Meno di un secolo dopo, negli anni ‘50, le acque del territorio vennero impiegate per alimentare una piccola centrale
idroelettrica, in grado di fornire il fabbisogno energetico essenziale per
l’intera popolazione, oltre a garantire il funzionamento di un mulino e di un
frantoio oleario, esercizi fondamentali per lo svolgimento delle consuete attività agricole tipiche di un
paesino di campagna.
Oggi lo Jelo ha
perso molte delle sue vecchie funzionalità ma resta una vera roccaforte di
ricordi e scene di vita della Pratella di altri tempi, quando i giovani non
conoscevano il lusso di un bagno al mare o in piscina, e si optava (con gran
coraggio!) per le gelide acque del “Vieno” per placare il caldo e divertirsi
con poco. O quando i contadini si servivano di quelle acque per abbeverare gli
animali dopo il pascolo, o per lavare la lana dopo la tosatura delle pecore; o
quando, semplicemente, passeggiare tra i boschi era considerato un piacevole
passatempo, e la sorgente rappresentava un tipico luogo di incontro. Un luogo
che oggi risulta dimenticato o addirittura sconosciuto ai più giovani, ma che
ha vissuto accanto ai nostri predecessori giorno dopo giorno, come spettatore
ininterrotto delle più tipiche scene di vita.
Di recente lo Jelo
è tornato alla ribalta come luogo di interesse per il comitato delle “Erbe
Neglette”, organizzatore di una passeggiata nel pieno della natura alla
scoperta di erbe e piante spontanee utilizzabili per usi officinali.
Lo Jelo è uno di
quei luoghi che meglio esprime il legame tra i pratellesi e la loro terra.
L’antica sorgente, che incarna la ricchezza del territorio, è culla di ricordi
e simbolo di continuo rinnovo di interessi.

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